da InfoAfrica
Investire in Kenya per farsi largo in una zona di libero scambio commerciale che, a breve, conterà 165 milioni di consumatori e un Pil complessivo di 1,3 triliardi di dollari. È l’invito che William Ruto, vice-presidente della Repubblica del Kenya, ha rivolto alla platea radunatasi ieri alla Società Geografica Italiana in occasione della sua visita in Italia, a Roma.
Alla conferenza, organizzata dall’Associazione per il Commercio Italo Keniana con il sostegno del CRA – Centro Relazioni con l’Africa, Africa e Affari, Confindustria Assafrica&Mediterraneo, Società Geografica Italiana, oltre al vice-presidente Ruto hanno partecipato come relatori il Presidente del CRA Paolo Sannella, il Presidente di Confindustria Assafrica&Mediterraneo Giovanni Ottati, Mario Pedretti dell’Associazione per il Commercio Italo-Keniana, l’avvocato Dario Bognolo e il direttore di Africa e Affari Massimo Zaurrini, alla presenza della delegazione proveniente dal Kenya e di un pubblico numeroso e attento.
Partendo dalla vicinanza anche linguistica tra Kenya e Italia, lo swahili fu traslitterato per la prima volta dai padri comboniani, Ruto ha presentato un Kenya in cui le opportunità di investimento per le imprese italiane sono tantissime e in ogni settore: il Paese africano ha un Pil che vale 90 miliardi di dollari, spinto soprattutto dall’esportazione del caffè, dalla manifattura del pellame, dalla tecnologia e dalle infrastrutture pubbliche, fino alle nuove scommesse governative sul social housing. Ruto ha rivendicato lo spirito pionieristico dell’economia keniota, che punta a rilanciare piuttosto che a godersi i fasti dei numeri record degli ultimi anni: “Abbiamo lavorato, anche questa mattina con esponenti del governo italiano, a un passo avanti necessario nei nostri rapporti” ha sottolineato Ruto durante il suo discorso.
Solo negli ultimi tre anni sono ben 1,5 i miliardi di dollari investiti dalle aziende italiane nel paese africano, 90.000 i turisti italiani che ogni anno visitano il Paese tanto che “in città come Malindi sono forse più i cittadini italiani che i kenioti residenti”.
Un rapporto privilegiato di conoscenza e rispettosa curiosità che Ruto ha speso per illustrare i benefici che l’AfCFTA – African Continental Free Trade Area, l’area di libero scambio economico cui il Kenya ha aderito, rappresenta per gli investitori italiani: passare da 45 milioni di consumatori e un Pil di 9 miliardi a una platea ben più ampia fa del Kenya non solo un attore entusiasta all’interno di quest’area economica tutta africana ma anche la porta principale attraverso cui le imprese italiane possono avere accesso alle nuove opportunità offerte dal continente.
L’economia locale avrà presto un valore complessivo, grazie agli accordi locali di libero scambio, quattro volte superiore rispetto a oggi e il governo di Nairobi si dice pronto a ricevere nuovi investitori stranieri, soprattutto italiani.
Il Kenya moderno si affaccia al mercato della geotermia ed è tra i primi in Africa per la produzione di energia elettrica, ma è anche il terzo paese africano per bestiame utilizzato nel mercato della pelle ed offre un’enorme disponibilità di materie prime. “La nostra democrazia è consolidata ha proseguito il vicepresidente keniano William Ruto – c’è un ambiente democratico sia politico che economico e quando si investono risorse in Kenya non si hanno problemi a fare profitti e ad avere un ottimo ritorno di investimento. La nostra legge è strutturata per rispettare gli standard internazionali, vogliamo lavorare mantenendo questo livello e oggi non c’è bisogno che conosciate qualcuno per riuscire a fare qualcosa: la legge proteggerà gli investimenti assicurando sicurezza anche sulle quote di ritorno”.
Ruto ha sottolineato il valore industriale e commerciale del cosiddetto Programma Big Four, che offre una serie di opportunità volte a interessare non solo gli stakeholder del settore privato ma anche il settore pubblico, ragion per cui il vice-presidente keniota ha rilanciato anche la partnership governativa con Roma. Agricoltura e sicurezza alimentare su tutti ma anche settore manifatturiero e edile/immobiliare: oltre alle eccellenze dell’agrobusiness keniota note in tutto il mondo, i cui settori di punta sono rappresentati dalla produzione del caffè e dalla floricoltura, il governo del Kenya punta molto sulla manifattura, in particolare nel settore della lavorazione della pelle e del tessile, e sul social housing. Ruto ha pubblicizzato il maxi-progetto governativo per la realizzazione di 500.000 immobili destinati alla fascia medio-bassa della popolazione, in un Paese in cui 6,5 milioni di abitanti vivono ancora in immobili “non idonei a una vita dignitosa” nonostante la bolla speculativa di qualche anno fa.
Il vice-presidente keniota ha anche annunciato l’accordo con il Politecnico di Milano per lavorare con gli istituti professionali in Kenya nell’ottica di trasferire il saper fare italiano, le tecnologie e più in generale di costruire localmente un capitale umano ben formato e competente: “Importiamo tantissimi macchinari ma sono aperte opportunità non solo nell’export delle strumentazioni ma anche e soprattutto nella manifattura stessa in settori come la lavorazione della pelle e nel tessile”.
Uno degli obiettivi è eliminare il più possibile gli intermediari: il mercato del caffè, ad esempio, è l’emblema di come oggi l’approvvigionamento italiano sia in mano ai broker locali. Questo comporta un alto costo della materia prima, non sempre corrisposto con una qualità altrettanto alta del prodotto: “Creare partnership significa eliminare gli intermediari nel mercato del caffè, eliminare la confusione in tutto il settore: abbiamo attori locali preparati e formati, bisogna creare connessioni dirette tra il consumatore e il produttore. Questo non può che portare benefici ai produttori in Kenya e anche ai consumatori in Italia: vale stessa cosa per il mercato dell’avocado, del té, delle noci di macadamia. Questi prodotti prima di arrivare in Italia passano attraverso mercati secondari dove vengono miscelati a prodotti di qualità inferiore, trattati dagli intermediari e tutto a beneficio di questi. Dobbiamo lavorare per modificare tale sistema di logistica”.
Quello che Ruto non ha sottolineato, cosa che hanno invece fatto i rappresentanti della delegazione keniota giunta in Italia dopo di lui, è l’enorme opportunità rappresentata dalla crescita demografica: mentre l’Europa e l’Italia vedono diminuire le nascite i numeri africani sono in totale controtendenza e rischiano anche di raddoppiare le stime di crescita delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale. L’ AfCFTA, stando alle aspettative sulle nascite dei prossimi decenni che porteranno l’Africa ad essere il secondo continente più popoloso del mondo entro il 2030, potrebbe avere un bacino d’utenza anche doppio rispetto alle stime attuali: “L’Africa offre oggi il miglior ritorno in materia di investimenti” hanno sottolineato i diversi membri della delegazione, una tesi sostenuta con forza dallo stesso vice-presidente Ruto.